Scrittura della domanda e del desiderio nel toro. La banda di Moebius
Citando a Ros Alvarez Mullner del 11/06/2020, 13:12Sebbene il toro sia la forma intuitivamente più semplice da cogliere, nella superficie si possono articolare tipi di lacci circolari o giri, atti a raffigurare in parte la complessità della dinamica soggettiva. Due di loro sono stati già introdotti:
-Il cerchio generatore del toro, che rappresenta l’insistenza del significante e la domanda del nevrotico (D) “sucettibile di ripetersi indefinidamente, allo stesso modo e sempre diverso”. (p.140).
-La circolarità conclusa all’interno del toro, che è generata attraverso la ripetizione dei vari giri, non percepita dal soggetto e che “tratteggia” il desiderio inconscio (d). Tale desiderio è la metonimia della domanda (D). In altre parole, il desiderio è supposto nella ripetizione della Domanda e il soggetto ne segue le vie anche senza saperlo.
-L’addizione dei due cerchi, che simbolizza la Domanda insieme al desiderio essente ad essa (D+d) rappresentabile nella banda di Moebius. È un tipo di lacio che parte dall’esterno del toro e lo avolge, ma senza passare attraverso il buco centrale. Questa figura topologica è una superficie unilatera, cioè, la banda esterna si continua nell’interna. Una delle sue proprietà, la non orientabilità, permette di introdurre alcune questioni cliniche, ad esempio:
-La concezione puramente immaginaria dell’aparato psichico come elemento “interno al soggetto”.
-Il trattamento da parte del nevrotico dei pericoli pulsionali “interni” come se fossero “esterni”, fuggendo (o meglio, illudendosi di fuggire) da essi attraverso la rimozione. Questo è rappresentato dalla ambiguità moebiana nella differenza tra esterno e interno.
-La non coincidenza, ma anche la continuità tra il desiderio e la Domanda.
-Dal punto di vista clinico, se dialetticamente il soggetto arriva in analisi a un vicolo discorsivo caratterizzato per l’uso del “...o...o”, bisogna cogliere l’implicazione del desiderio nella domanda, ovvero, se inclusivo o esclusivo (p. 141), il che implica anche considerare, negli imbrogli del transfert, il posto del soggetto rispetto all’Altro nella ripetizione, se come fallo che risponde o come domanda che pone all’Altro.
-Bisogna anche ricordare che nella clinica l’ambiguità dell’uso del termine “o” e anche del termine “oppure”, in logica sarebbe rappresentato dalla intersezione. In effetti, il rapporto tra il desiderio e una determinata intersezione implicante certe leggi, pone in relazione detta Domanda con il suo vuoto interno.
In sintesi, Lacan avvalendosi del toro come supporto necessario di scrittura a causa dell’eterogeneità presente nel campo del desiderio, cerca di simbolizzare i suoi costituenti e il rapporto con delle leggi, al fine di mettere in evidenzia che non si tratta di cogliere i punti in comune tra le due domande, ma di indicare che il desiderio si costituisce sul cammino di essa.
Sebbene il toro sia la forma intuitivamente più semplice da cogliere, nella superficie si possono articolare tipi di lacci circolari o giri, atti a raffigurare in parte la complessità della dinamica soggettiva. Due di loro sono stati già introdotti:
-Il cerchio generatore del toro, che rappresenta l’insistenza del significante e la domanda del nevrotico (D) “sucettibile di ripetersi indefinidamente, allo stesso modo e sempre diverso”. (p.140).
-La circolarità conclusa all’interno del toro, che è generata attraverso la ripetizione dei vari giri, non percepita dal soggetto e che “tratteggia” il desiderio inconscio (d). Tale desiderio è la metonimia della domanda (D). In altre parole, il desiderio è supposto nella ripetizione della Domanda e il soggetto ne segue le vie anche senza saperlo.
-L’addizione dei due cerchi, che simbolizza la Domanda insieme al desiderio essente ad essa (D+d) rappresentabile nella banda di Moebius. È un tipo di lacio che parte dall’esterno del toro e lo avolge, ma senza passare attraverso il buco centrale. Questa figura topologica è una superficie unilatera, cioè, la banda esterna si continua nell’interna. Una delle sue proprietà, la non orientabilità, permette di introdurre alcune questioni cliniche, ad esempio:
-La concezione puramente immaginaria dell’aparato psichico come elemento “interno al soggetto”.
-Il trattamento da parte del nevrotico dei pericoli pulsionali “interni” come se fossero “esterni”, fuggendo (o meglio, illudendosi di fuggire) da essi attraverso la rimozione. Questo è rappresentato dalla ambiguità moebiana nella differenza tra esterno e interno.
-La non coincidenza, ma anche la continuità tra il desiderio e la Domanda.
-Dal punto di vista clinico, se dialetticamente il soggetto arriva in analisi a un vicolo discorsivo caratterizzato per l’uso del “...o...o”, bisogna cogliere l’implicazione del desiderio nella domanda, ovvero, se inclusivo o esclusivo (p. 141), il che implica anche considerare, negli imbrogli del transfert, il posto del soggetto rispetto all’Altro nella ripetizione, se come fallo che risponde o come domanda che pone all’Altro.
-Bisogna anche ricordare che nella clinica l’ambiguità dell’uso del termine “o” e anche del termine “oppure”, in logica sarebbe rappresentato dalla intersezione. In effetti, il rapporto tra il desiderio e una determinata intersezione implicante certe leggi, pone in relazione detta Domanda con il suo vuoto interno.
In sintesi, Lacan avvalendosi del toro come supporto necessario di scrittura a causa dell’eterogeneità presente nel campo del desiderio, cerca di simbolizzare i suoi costituenti e il rapporto con delle leggi, al fine di mettere in evidenzia che non si tratta di cogliere i punti in comune tra le due domande, ma di indicare che il desiderio si costituisce sul cammino di essa.
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