Testo predisposto per la Cattedra di formazione docente dell’Università di Palermo, Buenos Aires (Argentina).
Tra i diversi concetti sviluppati sulla comunicazione in aula, la “violenza simbolica” tocca varie nozioni come quella del mittente autorizzato e del destinatario predisposto, della profezia autoavverata, dell’idea di etichetta e degli atti di nomina.
Secondo Bourdieu, la violenza simbolica si esercita attraverso vie di comunicazione razionali con l’adesione obbligata di coloro che, per appartenere ad un ordine dominato, in questo caso quello degli studenti di un’istituzione scolastica, non hanno altra scelta che dare il loro consenso all’arbitrarietà della forza razionalizzata. Tale forza genera sottomissioni non percepite come tali. In questo caso, il mittente autorizzato sarebbe l’insegnante e lo studente sarà il destinatario; quest’ultimo accetta una serie di presupposti fondamentali e pre-riflessivi impliciti nel sistema educativo e nel suo esercizio. Per la psicoanalisi, i luoghi pre-interpretano e in questo caso la scuola comporta anche “effetti di luogo” in cui il maestro è inserito. Vale a dire, le diverse strutture spaziali della società sono introiettate dall’individuo integrandosi in una organizzazione mentale soggettiva che consentirà sucessivamente l’esercizio del potere. Perciò, l’azione pedagogica riesce ad essere eseguita, considerandosi una forma sottile di violenza simbolica persistente, volta alla interiorizzazione di pratiche culturali arbitrarie. Se esaminiamo il modello della teoria della comunicazione sviluppato da Jakobson, il processo linguistico implica sei fattori costitutivi che lo strutturano come tale: mittente, destinatario, messaggio, codice linguistico, contesto e canale, che consentono la comunicazione tra il mittente e il destinatario. Tale comunicazione sarebbe stabilita in modo unidirezionale e coincide con l’idea di Bourdieu rispetto alla “natura trasmissiva” di essa, nel suo profilo di violenza e imposizione. Allo stesso modo, aggiunge che la forza simbolica di un discorso performativo non può essere esercitata senza la complicità del ricevente. In effetti, la parola o qualsiasi altra espressione simbolica funziona solo se si basa su disposizioni precedentemente costituite. Pertanto, gli effetti della violenza simbolica con la sua pressione tacitamente consentita vengono esercitati fintantoché si trovino strutture mentali concordanti. Naturalmente, i bambini hanno un grado di permeabilità significativamente più alto rispetto all’adulto normale. Di conseguenza, concetti come “etichetta” e “profezia autoavverata” acquisiscono particolare rilevanza nell’ambiente scolastico. La posizione asimmetrica occupata dall’insegnante rafforza la rappresentazione legittima del mondo sociale e garantisce il potere simbolico di nomina e classificaione. Questo è il caso delle “etichette imposte” che colpiscono e segnano lo studente, ottenendo l’effetto di profezia autoavverata. Merton la circoscrive come “…una definizione non veritiera della situazione che risveglia un nuovo comportamento che fa sì che la falsa concezione originaria della situazione diventi vera”. In ogni caso, la strutturazione dell’apparato psichico del bambino assorbe la parola dell’Altro ma anche la resiste e la obietta. Secondo i contributi della psicoanalisi in materia di comunicazione, nomina ed identificazione, l’esistenza dell’inconscio ci costringe a considerare la mancanza di unidirezionalità della parola e del messaggio, l’inadeguatezza della nozione di causa-effetto e dell’idea di iscrizione passiva nel bambino da parte di un adulto autorizzato.
In effetti il processo comunicazionale risulta più complesso. La comunicazione include non solo il messaggio che il mittente invia al destinatario, ma il mittente allo stesso tempo manda inconsciamente un messaggio a se stesso, per cui “riceve il proprio messaggio in forma invertita”. Vale a dire: mando un messaggio cosciente ad un altro, ma anche mi auto-invio un messaggio inconscio. La parola trascende i limiti della coscienza. In questo modo, si può affermare che c’è uno scambio d’inconscio a inconscio e non solo da ego a ego. Pertanto, poiché non esiste linearità nella comunicazione, le derivazioni non sono così inequivocabili. Ciò è indicato da alcuni esempi ben noti che non hanno goduto dell’effetto conclusivo della profezia autoavverata davanti al verdetto di un professore. È il caso di John Gurdon, Premio Nobel per la medicina (2012), del quale è stato detto: “le sue prestazioni, i suoi risultati, sono insoddisfacenti. Non assimila bene. Insiste nel fare le cose a modo suo. Mi è giunta la notizia che vuole diventare uno scienziato. Lo trovo un po ‘ridicolo. Sarebbe una pura perdita di tempo non solo per lui, ma anche per coloro che dovranno insegnargli”. Anche se presumibilmente il caso più noto risulterebbe essere quello di Albert Einstein: era stato etichettato come il lento della classe.Possiamo concludere che l’individuo in quanto essere del linguaggio è “assoggettato” al discorso dell’Altro. Tale funzione, considerata violenta da Bourdieu, ha oltre all’effetto mortificante una qualità umanizzante. Vale a dire, l’essere vivente è costituito in una cultura che lo limita quando si tratta dell’istintuale, ma lo integra anche in un universo simbolico che introduce nella sua vita l’ordine e l’amore. Il registro simbolico allo stesso modo possiede una funzione di pacificazione delle relazioni del soggetto con il prossimo.
• Author: Dott.ssa Rosana Alvarez Mullner
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Bourdieu, P. (2008), ¿Qué significa hablar? Economía de los intercambios lingüísticos, Madrid, Ed. Akal.
- Lacan, J. (1985), Función y campo de la palabra y del lenguaje en psicoanálisis, Escritos I, Buenos Aires, Siglo XXI editores.
- Lacan, J. (1985), La instancia de la letra en psicoanálisis o la razón desde Freud, Escritos I, Buenos Aires, Siglo XXI editores.
- Kaplan, C. (1992), Buenos y malos alumnos, Buenos Aires, Aike.
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